Sebbene chiamarle in italiano “Perle Seme ” sarebbe più che corretto, subito però parte del loro fascino sfumerebbe nel nulla. Ma cosa sono queste minuscole perline dal diametro solitamente inferiore ai 2 millimetri? La loro origine è piuttosto particolare. Non si tratta di perle coltivate in senso stretto, anzi neppure in senso largo. Sono infatti perle del tutto naturali, senza alcun nucleo interno se non infinitesimale, cresciute a fotocopia delle sorelle maggiori che si possono fortunosamente trovare nel mare in determinati tipi di ostriche. Ostriche che i pescatori di perle, appunto, andavano una volta a raccogliere una ad una immergendosi in apnea sino a profondità proibitive. Diciamo che sono però perle domestiche in quanto la loro presenza si concentra, pur casualmente, nelle aree attrezzate dall’uomo alla coltivazione di perle sia a mare che in acqua dolce. Nel nostro caso per la loro maggior disponibilità si tratta di quest’ultime.

Parliamo dei grandi allevamenti di perle d’acqua dolce locati essenzialmente presso i numerosi laghi e grandi stagni a ovest di Shanghai in Cina. L’attività di coltivazione delle perle, della quale do per scontata la sommaria conoscenza, prevede una certa movimentazione ciclica e alternata delle ostriche, qui sostituite da grosse cozze perlifere, con conseguente perenne pulviscolo in sospensione nelle acque d’allevamento. Questo pulviscolo è filtrato inevitabilmente dalle stesse cozze che, sempre a loro difesa, generano poi queste perline. Così all’apertura finale, dopo il ciclo di coltivazione stabilito, ecco che le cozze oltre alle perle frutto della coltivazione vera e propria possono presentare, come sovrappiù, anche numerose minuscole “seed pearls” pronte per essere selezionate e indirizzate al loro proprio mercato.

A differenza delle normali perle che possono assumere in maniera naturale, o perché volute dall’uomo, forme le più svariate (se introduco in un ostrica perlifera un piccolo dado da gioco quello che otterrò dopo un certo periodo di tempo sarà una perla che ricorderà quella forma), le nostre “seed pearls”, forse in virtù della loro mini statura, escono quasi sempre tondeggianti. Ma attenzione, quel “quasi sempre tondeggianti” non è poi un gran vantaggio. Volerle infatti perfettamente sferiche e magari anche solo bianche come il nostro lavoro ad esempio richiede, significa già uno scarto iniziale di quasi l’80 per cento. Non che il resto si butti, ovvio, ma viene di fatto destinato ad altri usi, da ultimo, macinate, anche quello cosmetico.

Recentemente poi il governo cinese (e so bene che quel che sto per dire non vi risulterà molto romantico) per fronteggiare il tanto lamentato inquinamento che la coltivazione di perle produce (si pensi alle enormi quantità di prodotti nutritivi e fertilizzanti o a quelli medicali indispensabili per difendere le coltivazioni da parassiti e malattie distruttive) ha posto serie limitazioni a questa attività riconosciuta come responsabile della crescente eutrofizzazione delle acque impegnate. Ha decretato in sintesi che lavorazioni così inquinanti siano indirizzate almeno a produzioni di maggior valore e che se ne riduca nel contempo la quantità contingentando di fatto le misure più piccole.

La prima conseguenza è che a fronte di un prezzo ancor oggi immutato per le grosse misure, incrementate anzi nelle dimensioni, c’è stato un repentino aumento di prezzo di tutte le misure più piccole che non poteva non coinvolgere anche le “seed pearls”. Ha procurato inoltre la sparizione quasi totale dal mercato di tutte quelle pseudo perle come le famigerate “chicco di riso” le cui mega produzioni tanto inquinamento hanno generato senza un ritorno adeguato, in termini economici, a ripagare quelle acque così martoriate.

Oggi che il prezzo di una singola “seed pearl” ha superato l’euro e che, a prescindere da questo, il mercato ne soffre la rarità, è proprio il caso di averne buona cura. Tutti gli accorgimenti atti a mantenerle integre non devono essere ignorati. Come tutte le perle odiano i profumi, esecrano gli spray, non sopportano le lacche, disprezzano i sudori forti, aborrono i detergenti, disdegnano gli ambienti eccessivamente umidi o eccessivamente secchi, detestano lavare i piatti e sono terrorizzate da fiamme, acidi e dall’alcool. Sono eccezionalmente coese e resistenti agli urti ma possono essere graffiate facilmente da oggetti appuntiti o affilati. Avversano stare a contatto con altri gioielli ma deperiscono se lasciate a lungo da sole chiuse da qualche parte. In altre parole, come piccoli e gelosi animali da compagnia, bramano stare vicine. Vogliono solo e da sole essere indossate.

 

@Marcello Parrini (2015)

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